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Marzo mese dell’endometriosi, colpite 3 milioni di italiane: cos’è, sintomi, diagnosi e cure

Marzo è il mese per la sensibilizzazione nei confronti di una malattia misconosciuta fino a pochissimo tempo fa: l’endometriosi, una patologia di genere che colpisce all’incirca il 10-15% delle donne. I numeri però potrebbero non rappresentare correttamente la reale distribuzione di questa patologia perché, ad oggi, ricevere una diagnosi di endometriosi è un calvario lungo ed impegnativo che dura mediamente 7-10 anni qui in Italia.

 

Cos’è l’endometriosi e quali sono i sintomi?

 

L’endometriosi è la distribuzione di endometrio, un tessuto tipicamente uterino atto ad accogliere l’ovulo fecondato e solitamente espulso durante le mestruazioni, al di fuori del suo naturale distretto, con formazioni di cisti altamente infiammate e riccamente vascolarizzate che rimangono recettive agli estrogeni. Questa loro caratteristica è alla base della ciclicità che porta a infiammarsi e aumentare di dimensione a ogni ciclo mestruale, creando aderenze con i distretti organici adiacenti. La causa di questa patologia è multifattoriale e coinvolge una componente genetica, immunitaria. È presente una certa familiarità ma è il sistema immunitario che fa il lavoro maggiore nella degenerazione della patologia.

Nel 90% delle donne capita sporadicamente un fenomeno atipico: il sangue mestruale ricco di cellule endometriali invece di convogliare dall’utero alla vagina, per poi defluire all’esterno, risale le tube e fuoriesce dallo spazio presente tra le tube di Faloppio e l’ovaio, riversandosi nella cavità addominale. Tale fenomeno, parafisiologico, non comporta conseguenze solitamente poiché il sistema immunitario riconosce delle cellule “aliene” al distretto e le degrada, un po’ come farebbe con un’ecchimosi (i classici lividi). Ma in alcune donne ciò non avviene. Le cellule dell’endometrio aderiscono ai tessuti vicini e iniziano a creare una rete di nuovi vasi sanguigni che le alimenti, creando queste cisti gonfie, doloranti, calde e irrorate di sangue che tendono a creare tessuti cicatriziali rigidi con gli organi vicini (aderenze) limitando la mobilità delle viscere e causando dolori anche non correlati al periodo della mestruazioni. Tutti questi sono i sintomi classici di un’infiammazione cronica.

Tale infiammazione si manifesta con un ventaglio di sintomi che spaziano dalle alterazioni organiche a quelle psicologiche, senza tralasciare le alterazioni comportamentali, sociali ed economiche. Soffrire di endometriosi infatti porta dolore cronico pelvico e vulvare, alterazioni sessuali, debolezza cronica, sub infertilità e infertilità, ipermenorrea (cioè perdita abbondante di sangue durante le mestruazioni, superiore agli 80ml per ciclo mestruale) metrorraggia (perdite di sangue copiose anche al di fuori del mestruo) e predisposizione al cancro, e ma anche depressione, ansia, difficoltà sociali, notevoli perdite economiche (sia perché le cure palliative non sono previste da sistema sanitario nazionale, sia per la perdita notevole di giorni lavorativi, sia per la ricerca di un figlio tramite la fecondazione artificiale).

Questa è solo la punta di un iceberg che arriva ad essere una vera e propria malattia invalidante, talvolta con perdite di sangue dal retto o durante la minzione se le cisti si infiltrano nell’intestino o nella vescica. Più raro, ma comunque documentati, sono i casi di endometriosi in diaframma e polmoni che comportano tosse mista a sangue durante il mestruo.

 

Endometriosi: diagnosi, partiamo dalle basi culturali

 

Risulterebbe quasi scontato che una patologia del genere sia di facile diagnosi, invece no e le cause sono molteplici. Partiamo con un semplice esperimento mentale immaginando una ragazza di 18 anni che soffre per i dolori mestruali, ha nausea e diarrea durante il mestruo, confusione mentale, teme di sporcarsi. Per prima cosa ne parla con la mamma o con le coetanee. Secondo voi quante di loro si sono sentite rispondere che è normale soffrire durante le mestruazioni? Quante che vogliono solo attirare l’attenzione o non andare a scuola? Quante persone vicino a voi, lamentandosi dei dolori mestruali, hanno dato il via a chi soffrisse di più senza però ricevere l’adeguato ascolto o supporto? Tante, tantissime. Siamo donne, è normale soffrire, è intrinseco della nostra natura. Invece no!
Ma torniamo alla nostra ragazza, che si convincerà di esser lei il problema, di non esser brava a sopportare il dolore. Si sentirà sola ma cercherà di nascondere il proprio disagio, cercherà di nascondersi. E gli anni passeranno, la malattia andrà avanti fino al punto di rottura. Finché quella voce nella testa finalmente inizierà a dire che non è normale. A quel punto, presa la consapevolezza, ricercare la causa di tutto il dolore dovrebbe esser facile vero? E invece no.
L’endometriosi non ha un’analisi specifica che ne decreti la presenza, non basta una normale ecografia transvaginale, talvolta neanche l’ecografia transrettale, non bastano i marker di infiammazione ovarica. Talvolta serve una risonanza magnetica, talvolta una laparoscopia esplorativa. Un intervento chirurgico con anestesia totale, che richiede di esser intubati, solo per avere una diagnosi. Spesso non risultando nulla dalle prime ecografie si alimenta la distorsione cognitiva e la percezione di se stesse e del proprio malessere. Come accennato questa fase dura circa 7-10 anni di ricerche tra medici e specialisti prima di avere una diagnosi.

 

Endometriosi: i trattamenti

 

Una volta diagnosticata l’endometriosi si crede aver raggiunto una meta, ma non per tutte e così. Non esiste una cura farmacologica. Per alcune donne si opta per una forma di menopausa farmacologicamente indotta che, interrompendo la naturale ciclicità, limita l’infiammarsi delle cisti. Tale approccio ha però degli affetti avversi nella maggioranza dei casi. Tra la demineralizzazione ossea, l’incremento di peso, gli sbalzi d’umore, le alterazioni cutanee e la gastrite, le cefalee e le alterazioni gastrointestinali tale terapia a base di progesterone spesso crea pochi meno disagi della patologia stessa, senza considerare che non si può protrarre a lungo e che rende infertili (temporaneamente). L’alternativa è un intervento chirurgico, nei casi più rosei atto a eliminare le aderenze e le cisti, ma spesso demolitivo (con esportazione di ovaie, tube, tratti di intestino, utero) con le logiche conseguenze.

 

Endometriosi e alimentazione: cosa mangiare

 

L’alimentazione può essere un supporto concreto e tangibile per le donne affette da endometriosi sotto molteplici punti di vista. Ma quanto e come è un argomento davvero complesso perché ogni donna è unica ma anche ogni endometriosi. I sintomi secondari variano da paziente a paziente e l’alimentazione si dovrebbe adattare a ogni singolo caso come un vestito su misura e non come una taglia unica. Per questo approfondirò questa parte in un secondo articolo facendo esempi concreati dei casi più comuni.
Ma facciamo una panoramica: Nelle donne che non possono utilizzare la terapia farmacologica si può agire su più fronti, sia riducendo l’infiammazione, sia limitando la sintomatologia secondaria, come ad esempio le alterazioni gastrointestinali, le cistiti ricorrenti, l’ansia, l’insonnia, la nebbia cognitiva. È molto frequente ad esempio un gonfiore addominale simile al gonfiore gravidico nelle donne affette da endometriosi. Oltre il disagio sociale creato dalla grassofobia e dai canoni estetici che mirano talvolta a un ventre tanto piatto da sembrare privo di tutti gli organi interni, spesso questo gonfiore è correlato ad un incremento del dolore. Oltre ciò la riservatezza tipica della nostra società porta spesso persone vicine e non a domandare le cause del gonfiore, alludendo alla possibile gravidanza. Immaginate il dolore che può infliggere una domanda inopportuna a chi vorrebbe avere un figlio e non riesce, a chi ha il ventre prominente ma non per una gravidanza, ma per la malattia che gli rende difficile la genitorialità. Lì dove la mancanza di empatia può creare un forte disagio l’alimentazione studiata sul caso specifico può trovare una soluzione diminuendo in modo significativamente rilevante l’incidenza e la gravità dell’endo-belly (nome specifico della pancia gonfia a causa dell’endometriosi). Questo è solo uno dei casi.
Nelle donne che seguono una terapia farmacologica l’alimentazione può arginare gli effetti collaterali, limitando l’aumento di peso e la formazione di edemi, migliorando il microcircolo e supportando i toni dell’umore.

Molte ricerche infatti hanno messo in evidenza negli ultimi anni come l’alimentazione e i supplementi nutraceutici possano arginare le alterazioni dell’umore come ansia e depressione, sia fornendo al sistema nervoso centrale specifici nutrienti atti a favorire la liberazione di specifici neurotrasmettitori, sia fornendo fitoattivi, sia lavorando su un microbiota sano che produca direttamente sostanze con effetti sul sistema nervoso centrale (la grande branca dello psicobiota intestinale).
Infine nelle donne che stanno seguendo un percorso ormonale finalizzato alla fecondazione medicalmente assistita l’alimentazione può supportare il corpo ad ammortizzare l’enorme stress che tali terapie comportano, ottimizzando i risultati.

Anche se analizzerò in seguito i casi specifici in ogni caso l’alimentazione offre un aiuto concreto nelle donne affette da endometriosi con innumerevoli vantaggi a breve e a lungo termine, senza però aumentare il carco di effetti collaterali, optando per un approccio economico e socialmente accettato, che quasi offre un pretesto per poter parlare di tale malattia, perché bisogna conoscere per poter sconfiggere.

Nel prossimo articolo analizzerò gli approcci alimentari più frequenti alla malattia, pro e contro di ognuno e come determinate accortezze possano giovare in casi specifici.