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Cancro: l’Inps riconosce l’invalidità alle donne con mutazioni BRCA che scelgono la chirurgia preventiva

La predisposizione ereditaria ai tumori della mammella e dell’ovaio, che si sospetta sulla base di determinati parametri dell’anamnesi oncologica personale e familiare, è principalmente legata alla trasmissione di varianti patogenetiche in geni specifici del nostro patrimonio ereditario: i geni BRCA 1 e BRCA 2.

Il BRCA, infatti, è un gene c.d. oncosoppressore presente in ogni donna: ciò significa che, fisiologicamente, esso prende parte alla riparazione del DNA, controllando al tempo stesso la riproduzione delle cellule e cercando di inibire la creazione di quelle anomale. La predisposizione genetica incide fortemente quale fattore di rischio in diverse fattispecie tumorali: tra questi, come anzidetto, si annoverano i tumori della mammella e dell’ovaio. Gli studiosi hanno ormai acclarato che oggi le donne con una mutazione ereditaria dei geni BRCA 1 e BRCA 2 hanno tra il 50 e l’80% di probabilità in più di ammalarsi di carcinoma mammario nel corso della loro vita. In quelle con BRCA 1 difettoso, invece, il rischio di tumore ovarico si attesta tra il 24% e il 40%, mentre se la mutazione è di BRCA 2 il rischio è tra l’11% e il 18%, contro l’1-2% della popolazione femminile generale. L’identificazione delle varianti patogenetiche dei geni BRCA 1 e 2 può influire sulle misure di sorveglianza sanitaria, il trattamento chirurgico eventualmente da adottare e predire la risposta a terapie farmacologiche mirate.

Il Test Genetico BRCA 1 e 2 è un valido strumento per analizzare la presenza di mutazioni dei geni BRCA responsabili della predisposizione genetica a sviluppare i tumori alla mammella e alle ovaie. In questo caso non si parla di test diagnostico, ma di test predittivo perché non diagnostica la malattia ma permette di individuare il rischio di manifestarla. I vantaggi del Test ricomprendono l’analisi delle mutazioni dei geni BRCA 1 e 2 con una sensibilità e un’affidabilità maggiori del 99%: se positivo nelle pazienti già affette dal tumore, permette di applicare terapie innovative e mirate; se positivo nelle pazienti sane, permette di identificare strategie preventive e un piano di sorveglianza clinica e strumentale. Le linee guida nazionali e internazionali suggeriscono di intraprendere un percorso di consulenza onco-genetica che possa supportare il paziente e i suoi familiari nella comprensione del rischio, del significato del test, delle implicazioni e degli eventuali interventi da intraprendere.

 

Quali possono essere i risultati degli screening genetici? Come si concilia la tutela offerta dal nostro ordinamento a quelle donne che decideranno di affidarsi alla c.d. chirurgia preventiva?

 

Il nostro ordinamento ha finalmente riconosciuto gli sgravi e le agevolazioni previsti dall’art. 3, co. II della legge 104/1992 nei confronti delle donne che riportino mutazioni dei geni BRCA 1 e BRCA 2.
Al fine di meglio inquadrare la tematica, giova principiare dall’analisi degli istituti contenuti nella legge 104/1992. Il provvedimento legislativo de quo – rubricato “Legge – quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” – rappresenta il rimedio legislativo per assicurare adeguato sostegno sia all’individuo disabile sia ai suoi familiari.
La base giuridica su cui poggia la legge in questione è rappresentata da un nucleo di principi cardine che si propongono l’obiettivo di:

i. garantire il rispetto della dignità umana e dei diritti della persona disabile all’interno di tutti gli ambiti della vita sociale, dunque in famiglia, scuola, lavoro e società;
ii. prevenire e rimuovere tutte quelle circostanze che minano l’autonomia del disabile e la realizzazione piena dei suoi diritti civili – politici – patrimoniali;
iii. perseguire, dove possibile, il pieno recupero della persona mediante l’ausilio di servizi e prestazioni, anche di natura giuridico-economica;
iv. predisporre interventi per contrastare e debellare l’emarginazione del disabile.

A poter usufruire dei “vantaggi” ad essa ricollegati sono i soggetti individuati dall’art. 3, comma I del medesimo quadro legislativo, ovvero: “colui o colei che presenta minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o emarginazione”.
Per ciò che concerne gli effettivi vantaggi ricompresi nella norma, trattasi, invero, di una serie di agevolazioni di vario tipo: dalle agevolazioni assistenziali scolastiche all’integrazione presso quest’ultima; dalle detrazioni fiscali del 19% all’applicazione dell’I.V.A. agevolata al 4% per l’acquisto di supporti tecnici e informatici; dai permessi di astensione dal lavoro, compresi anche per i genitori di soggetti disabili, alla possibilità di un prolungamento dei congedi parentali. A ben vedere, pertanto, il legislatore si è adeguatamente prodigato di far fronte, sotto vari aspetti, alle difficoltà ed ai disagi persistenti nella vita dei soggetti beneficiari del provvedimento. A tal punto, è proprio in questo solco che si inserisce il riconoscimento dei medesimi benefici ai soggetti portatori di una mutazione dei geni BRCA 1 e BRCA 2.

 

Mutazione Brca: di cosa si tratta

 

Come già premesso, i geni BRCA 1 e BRCA 2 sono due geni ad azione onco – soppressiva presenti in ogni essere umano, il cui compito è correggere i danni al DNA che si producono naturalmente o per effetto dell’esposizione a cancerogeni all’interno delle cellule e impedire così che il loro accumulo porti alla formazione di cellule tumorali.
Proprio in virtù del loro ruolo correttivo e difensivo, tuttavia, alcune persone posseggono una versione mutata dei geni BRCA, che rende inefficace il loro sistema di protezione contro i tumori.
Secondo stime e studi medici pubblicati dalla società “ESMO” (European Society Of Medical Oncology), quasi 1 paziente su 10 scopre, post diagnosi della malattia, di essere portatore di una variante genica in grado di renderlo più suscettibile alle malattie metastatiche. In Italia, fra l’altro, si stima che le persone con mutazioni BRCA siano tra le 75 e le 150 mila e tra di esse la maggior parte è di sesso femminile. Le linee guida nazionali e internazionali raccomandano alle donne ad alto rischio tre diversi percorsi: una sorveglianza “speciale” con periodicità e prestazioni diagnostiche specialistiche ravvicinate nel tempo e diverse rispetto a quelle delle altre donne; una chirurgia di riduzione del rischio oppure una chemio prevenzione.
Infatti, una volta effettuato un Test il cui risultato è la scoperta della mutazione genetica, la medicina offre ai soggetti portatori due diverse soluzioni: la prima, e l’unica per cui oggi è stato dimostrato un significativo impatto sulla vita, è quella di togliere l’organo a rischio, cioè le tube e le ovaie sane per il solo fatto che il tumore potrebbe svilupparsi (nello specifico la chirurgia profilattica può consistere in una mastectomia bilaterale o una isteroannessectomia bilaterale, se la donna è ancora in età fertile). L’effetto protettivo di questa scelta è elevato, ma togliere le ovaie comporta l’approdo immediato alla menopausa. La seconda modalità, invece, scelta specialmente nelle donne molto giovani, è quella di “sfruttare” l’effetto protettivo dei contraccettivi orali, che riducono il rischio di sviluppare un tumore all’ovaio fino al 50% se assunti per lunghi periodi (almeno 4 anni). Tirando le somme, la scelta più comune, benché si tratti di ipotesi di intervento chirurgico forzato, risulta essere la prima, sebbene non sia escluso il ricorso ad entrambe le terapie testé citate. Proprio in tale solco è intervenuta una decisione importante in tema previdenziale.

 

 

La circolare Inps sul riconoscimento dell’invalidità per le donne Brca

 

Con la circolare tecnico – scientifica del 13.02.2019, la Commissione medica superiore dell’I.N.P.S., nell’analizzare la questione relativa alla mutazione genetica di BRCA 1 e 2, ha ritenuto di riconoscere alle donne portatrici delle mutazioni BRCA 1 e BRCA 2 che sceglieranno di ricorrere alla chirurgia preventiva, per ridurre il rischio di sviluppare il tumore, il diritto a vedersi riconosciuta una percentuale d’invalidità anche se formalmente sane, qualora, dunque, sia ancora ignota alla paziente stessa la malattia. La presente si palesa come una svolta essenziale nell’ottica delle tutele riconosciute nella legge 104/1992. Nello specifico, le tabelle del DM 05/02/1992 redatte dall’ente previdenziale, nel riconoscere il diritto alla corresponsione dell’invalidità, fissano fino al 40% la percentuale di invalidità riconosciuta alle donne che ricorrono a mastectomia; fino al 40% in caso di asportazione di utero, ovaio e tube; fino al 64% in caso sia di mastectomia sia asportazione di utero e annessi. In caso di soggetto sottoposto contemporaneamente a mastectomia bilatarale ed istero-annessiectomia bilaterale, utilizzando la criteriologia sommatoria prevista per menomazioni coesistenti, viene proposta una percentuale complessiva del 64%, ridotta a 61% in caso di mastectomia bilaterale ed ovariectomia bilaterale, quindi con conservazione dell’utero.
Nel caso di donne che optano per la sorveglianza, invece, in assenza di una vera menomazione anatomica o funzionale, la valutazione andrebbe effettuata solo su eventuali risvolti psichici correlati al timore di insorgenza di patologia, quindi utilizzando le voci previste per le sindromi depressive, naturalmente in rapporto alla gravità.
A ciò può aggiungersi una percentuale derivante dalla sofferenza psichica correlata sia alla condizione di rischio sia agli effetti degli interventi chirurgici. Una percentuale di invalidità, da valutare caso per caso, potrà essere riconosciuta anche alle donne che sceglieranno la sorveglianza.

Tale riconoscimento, sinonimo di vittoria per i diritti e la salute delle donne, è il frutto non solo di interventi istituzionali ma anche del lavoro delle associazioni, in particolare aBRCAdaBRA, nata per rappresentare i bisogni delle persone portatrici della mutazione BRCA, e FAVO, la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia.
Le associazioni oggi stanno lavorando affinché – per una questione di equità e parità di trattamento – le linee guida nazionali e internazionali ad oggi più dettagliate vengano estese anche ad altre sindromi ereditarie e in alcuni casi anche agli uomini. Con questo arresto, l’ente previdenziale ha apportato benefici e finalmente una visione innovativa di non poca rilevanza nel sistema del welfare italiano basandosi sulle più recenti innovazioni in campo medico-scientifico che hanno inciso sull’approccio alla diagnostica, alla sorveglianza attiva e ai trattamenti profilattici delle persone a rischio oncologico.
“È per questo fondamentale che le indicazioni date dall’Inps per una corretta valutazione della disabilità anche per le persone sane portatrici di un rischio genetico vengano conosciute ed applicate in maniera uniforme da tutte le commissioni medico-legali sul territorio. Le persone a rischio genetico di malattia hanno diritto di ottenere i giusti riconoscimenti anche per la disabilità derivante dal peso psicologico legato alla consapevolezza del rischio di ammalarsi e delle conseguenze disabilitanti di interventi terapeutici profilattici effettuati per ridurre grandemente il rischio di sviluppare un cancro”.

Le linee guida dell’INPS possono essere scaricate al seguente link:

https://www.inps.it/docallegatiNP/Mig/Istituto/Struttura_organizzativa/Mutazione_dei_geni_BRCA.pdf.