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Catcalling cos’è e perché è grave?

Qualcuno

avrà già sentito il termine catcalling, altri ne avranno sentito parlare grazie alla denuncia social di Aurora Ramazzotti. Di cosa stiamo parlando? Dell’ennesima espressione riconducibile alla violenza di genere.

 

Catcalling definizione


Il catcalling è una molestia, che subiscono principalmente le donne, e che avviene nella maggior parte dei casi in strada e in luoghi pubblici. Facciamo degli esempi: una donna cammina per strada e uno sconosciuto le fischia o le urla “ciao bella” (nei casi di gentilezza), o un “che culo!”, o una suonata di clacson o fa apprezzamenti sgraditi con battute volgari. Ecco, questo è catcalling in sintesi, e non è propriamente un complimento.

 

Cosa significa catcalling?


L’origine del “catcalling” è molto più antica di quel che pensiamo, nasce nel XVII secolo nei teatri inglesi, come fischio di disapprovazione nei confronti degli artisti. Da lì si è evoluta fino ai giorni nostri con una connotazione offensiva nei confronti delle donne. Oggi il termine indica una molestia sessuale, tendenzialmente verbale, che avviene in strada. Sono catcalling i commenti e i richiami di varia natura indirizzati dai molestatori a vittime che di norma sono persone sconosciute che camminano per strada. Oggetto di catcalling sono soprattutto donne e ragazze, ma, in misura minore, anche uomini e ragazzi. I commenti subiti sono specialmente a sfondo sessuale e riferiti al corpo delle vittime.

 

Perché il catcalling fa tanto scalpore?


Bisogna fare un esercizio di immaginazione, immedesimandosi in una ragazza che sta tornando a casa, magari di sera, in un luogo non tanto frequentato. Questa ragazza cammina sola, c’è un gruppo di ragazzi o alcuni uomini più adulti, che iniziano ad apostrofarla (la ragazza potrebbe essere adulta o adolescente) con esternazioni volgari e sessualizzate. Quante sono le provabilità che lei si spaventi? Sicuramente maggiori di quelle che potrebbero lusingarla.

 

Complimenti da fare a una ragazza (sono sempre necessari?)


La verità è che questi “complimenti” sfociano da un “ah bella!” a “brutta troia!” in un battibaleno. Fino ad atteggiamenti minacciosi che impongono alle vittime di sorridere o ignorare. Sia chiaro che il “ sorridere o ignorare” sono strumenti di difesa, in quanto non tutte le donne hanno la possibilità di difendersi qualora la molestia diventi più aggressiva e invasiva.
Il catcalling infatti può sfociare in vere e proprie condotte criminose quali lo stalking, l’aggressione e lo stupro. Ruth George, una studentessa di 19 anni, è stata uccisa nel novembre 2019 a Chicago da uno sconosciuto incrociato per strada che aveva commentato ripetutamente il suo aspetto e l’aveva seguita. Ruth è stata aggredita sessualmente e strangolata nel parcheggio del suo campus universitario, mentre stava tornando a casa, per aver ignorato delle avances non gradite.

E poi ancora, se sono solo complimenti, perché questi episodi accadono sempre quando si è da sole? Perché questi “complimenti” non avvengono mai quando si è in compagnia di altri uomini?

 

Quale dinamica c’è dietro ad episodi di catcalling?


Nella società è l’uomo che ha sempre avuto potere, e questa situazione di privilegio lo fa sentire legittimato a mostrare nei confronti della donna atteggiamenti di prevaricazione, come appunto il catcalling e tantissimi altri comportamenti e violenze. Ogni volta che un uomo fischia ad una ragazza, il patriarcato benevolo ci dice “sta solo facendo un apprezzamento” in verità quello che fa è giudicare il corpo di una donna, come se questo fosse una merce. Questo avviene perché l’uomo (anche in questo contesto) sta semplicemente riaffermando il suo potere maschile, ovvero “che lui può fare e può dire tutto quello che vuole”. Il catcalling viene praticato per mostrare la propria superiorità verso chi subisce. È questo non è propriamente un complimento.

 

Come reagire al catcalling?


Alle ragazze viene insegnato ad ignorare e a non rispondere a tali provocazioni, perché da sempre la cultura patriarcale insegna alle donne cosa è bene fare per non rendere l’uomo vulnerabile. Dice alle donne come vestire, quanto spazio occupare, cosa può fare e cosa può dire. Non insegna mai agli uomini come comportarsi con le donne. Non li educa al rispetto. Crea invece una cultura che colpevolizza la vittima, rimandando la responsabilità dell’accaduto alla donna, colpevole di non aver rispettato le regole di “buona condotta” a lei insegnatole.

 

Politicamente corretto: “Oggi non si può più dire niente!”


Fortunatamente chi ha subito per secoli una situazione di discriminazione, oggi si sente più libera di dire che determinate situazioni non vanno più bene. Nel caso specifico di cui stiamo parlando, se si vuole conoscere una ragazza, il “ciao bella” per strada non è sicuramente ciò che permetterà di approcciarsi a quella ragazza. Infatti quasi sempre, il semplice “ciao bellezza” non è accompagnato da nessuna mossa di approccio, ma è una frase detta lì solo perché la ragazza è vista come un oggetto sessuale da apprezzare. Non è vero che non si può dire più niente, bisogna solo cambiare il modo di dire le cose. Fare apprezzamenti è una cosa bella, sana. Saperli fare, però, è un dovere da parte di tutti. La linea potrebbe sembrare per alcuni molto sottile. Ma non per questo bisogna negare che non ci sia, e parlarne è un passo importante.

 

Catcalling, cosa fare: un cambiamento culturale per una maggiore parità


Determinati atteggiamenti che fanno parte di una cultura maschilista, che vedono la donna relegata a semplice oggetto sessuale, non sono facili da sradicare. Il catcalling è una disfunzione culturale, per tale motivo sono necessarie la prevenzione e l’educazione già dai primi anni di scuola, con il supporto delle famiglie. I cambiamenti culturali avvengono solo con il tempo, ciò che si può fare è agire fin dall’infanzia, attraverso un’educazione che punti alla parità e al rispetto reciproco. Il catcalling è una forma espressiva che conferma il potere che ha l’uomo sulla donna, rimarcando una differenza di genere.

Angela Petrungaro, classe 1994, ho conseguito la laurea triennale in Discipline Economiche e Sociali e la laurea magistrale in Scienze per la Cooperazione e lo Sviluppo presso l’Università della Calabria. Nel mio percorso universitario ho avuto modo di formarmi in diversi settori, dallo studio della Geopolitica, ai Fenomeni Migratori e in particolare ho potuto approfondire gli Studi di Genere. Ho svolto un tirocinio formativo presso ActionAid Italia, collaborando al progetto Youth For Love, incentrato al voler abbattere gli stereotipi di genere tra i giovani. Gli Studi di Genere mi hanno permesso di approfondire dinamiche che mi hanno sempre incuriosita sin da piccola: da questioni legate alla subordinazione delle donne, alla sessualità nel senso più ampio, all’accettazione e all’inclusione di ciò che viene considerato diverso dalla società.