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Le mutilazioni genitali femminili, cosa sono?

Le MGF

(mutilazioni genitali femminili) anche note come circoncisione femminile, sono pratiche tradizionali che vengono eseguite in vari paesi con finalità non terapeutiche. Possono ledere fortemente la salute psichica e fisica di bambine e donne che vi sono sottoposte. La mutilazione genitale femminile è una procedura che consiste nella rimozione parziale o totale degli organi genitali femminili esterni per ragioni non di natura medica. Ogni anno più di 3 milioni di bambine africane sono costrette a subire una delle diverse forme di mutilazione genitale, ancora oggi praticata in oltre 30 Paesi al mondo.

 

Mutilazioni genitali femminili, motivazioni

 

La mutilazione genitale femminile o MGF è una pratica tanto antica che è difficile rintracciarne un’origine certa. Per un breve periodo si è diffusa anche in occidente dove intorno agli anni ’60 era medicalmente praticata per curare disturbi quali l’isteria femminile.

Al giorno d’oggi la mutilazione genitale femminile è operata e documentata in trenta Paesi del continente Africano e nel Medio Oriente, sette dei quali vedono la pratica applicata sulla quasi totalità delle giovani ragazze nel Paese. Atroce e completamente non necessaria dal punto di vista medico, la MGF viene ancora oggi ampiamente accettata e giustificata per ragioni legate alla cultura tradizionale.

Grazie alle leggi attive in 24 Paesi dell’Africa Sub-Sahariana, in alcuni Stati africani i numeri legati alla mutilazione genitale sono in declino, soprattutto tra le generazioni più giovani delle realtà più istruite. Tuttavia, secondo le stime dell’OMS sono comunque più di 3 milioni le bambine che ogni anno vengono sottoposte alla pratica. In futuro le cifre continueranno ad aumentare: considerata la velocità alla quale sta crescendo la popolazione in Africa infatti, si ritiene che saranno ben 68 milioni coloro che subiranno una forma di mutilazione genitale entro la fine del 2030.

 

MGF, come avviene

 

L’OMS ne ha distinto quattro tipi:

  1. clitoridectomia: rimozione totale o parziale della clitoride;
  2. escissione: rimozione totale o parziale della clitoride e delle piccole labbra, con o senza rimozione delle grandi labbra;
  3. infibulazione: restringimento dell’orfizio vaginale per ablazione e cucitura delle piccole labbra e/o delle grandi labbra, con o senza rimozione della clitoride;
  4. le mutilazioni non classificate: ovvero tutti gli interventi nocivi o potenzialmente dannosi per gli organi genitali femminili.

Questo insieme di pratiche non offre alcun vantaggio per la salute delle bambine e delle donne, superfluo ribadirlo, e allora perché accade? A causa anche delle implicazioni culturali e sociali che le donne non mutilate sono costrette a subire: le bambine e donne non mutilate sono emarginate dalla loro comunità, considerate impure e quindi da non sposare.

Le MGF vengono di solito effettuate da donne della comunità stessa, alle quali è stato conferito questo incarico.

Agli uomini non è permesso assistere durante l’operazione, molto di frequente eseguita in condizioni igienico-sanitarie decisamente insufficienti, senza l’utilizzo di anestetici, antibiotici né materiale sterile e quindi con il grande rischio di provocare morte per emorragie e infezioni.

 

MGF, significato

 

Tradizionalmente il rito della mutilazione genitale segna a tutti gli effetti il passaggio delle bambine all’età adulta: una volta mutilate le giovani ragazze abbandonano gli studi e sono costrette al matrimonio in giovanissima età, private del diritto di studiare e realizzare liberamente il proprio potenziale nella società.

 

Mutilazioni genitali femminili, quali conseguenze?

 

Le conseguenze immediate sono molteplici, sia fisiologiche che psicologiche. Inoltre con il tempo le complicanze si moltiplicano: dolore, emorragia, ritenzione urinaria, infezioni vaginali; i rapporti sessuali (impossibili fino alla defibulazione, compiuta dal marito per poter consumare il matrimonio) sono dolorosi e difficoltosi; al momento del parto il bambino deve attraversare tessuto cicatriziale non elastico; in diversi casi per la madre e il figlio c’è la morte.

 

Mutilazioni genitali femminili e sessualità

 

Malgrado non esistano ancora molti studi a riguardo, stando ad alcuni di essi la mutilazione genitale femminile sembra avere degli effetti importanti anche nella sfera della sessualità. Alcuni autori affermano infatti che la vita sessuale delle donne mutilate sia spesso compromessa a causa del dolore, della mancanza di desiderio, della paura e del disagio riscontrato nei rapporti sessuali.

La questione in merito sembra, però, essere alquanto controversa e pareri divergenti si scontrano su questo tema. Ѐ stato infatti dimostrato che quando la mutilazione è una condizione culturalmente determinata e accettata, l’esperienza del piacere sessuale e dell’orgasmo è presente in alta percentuale. Quando, invece, si crea un conflitto culturale tra la condanna occidentale delle MGF e i significati dati alla mutilazione dalla cultura d’origine, in particolar modo nel caso di donne migrate in Occidente, la frequenza dell’orgasmo si riduce, sebbene la situazione anatomica lo renda possibile. In generale, dunque, riuscire a comprendere il reale impatto che le mutilazioni provocano nella sessualità delle donne è davvero difficile: la mancanza di un’oggettiva comparazione tra l’esperienza sessuale precedente e quella posteriore alla mutilazione e soprattutto la grande difficoltà che queste donne sperimentano nel parlare apertamente delle loro esperienze intime, rende tale ambito certamente problematico da definire.

 

MGF, bambine a rischio anche in Italia

 

Una barbarie che colpisce anche bambine e giovani donne migranti che vivono nel nostro territorio, che rischiano di esservi sottoposte quando tornano nel paese di origine per visitare i parenti. Secondo Actionaid, sarebbero tra 61.000 e 80.000 le donne presenti in Italia sottoposte durante l’infanzia alla mutilazione dei genitali: “Negli ultimi due anni abbiamo iniziato a lavorare con le comunità migranti in Italia originarie di paesi dove la pratica è ancora diffusa: le donne provenienti dalla Somalia presentano una prevalenza più alta (83,5%), seguite da Nigeria (79,4%), Burkina Faso (71,6%), Egitto (60,6%) ed Eritrea (52,1%)”.

UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, lancia l’allarme sul fatto che da qui al 2030 potrebbero essere perpetrati altri 15 milioni di mutilazioni, che si potrebbero impedire se non vi fosse la concomitanza della pandemia.

Sebbene la MGF sia illegale nella UE, e alcuni stati membri la perseguano anche quando viene eseguita fuori dal paese, si stima che circa 600mila donne che vivono in Europa siano state vittime di questa pratica, e che altre 180mila siano a rischio in tredici paesi europei.

“Le mutilazioni genitali femminili sono praticate principalmente su ragazze tra l’infanzia e i 15 anni. Le motivazioni sono collegate a una serie di ragioni culturali come la pressione sociale e la tradizione, insieme all’idea che sia una pratica sostenuta dalla religione e collegata a ideali di bellezza e purezza: ma in realtà la mutilazione genitale femminile precede la diffusione del cristianesimo e dell’islam e riflette profonde disuguaglianze tra i sessi”, sottolinea EIGE, istituto europeo per l’uguaglianza di genere.

 

Mutilazioni genitali femminili, quali possibili soluzioni?

 

Tuttavia, da alcuni anni diverse campagne di sensibilizzazione promosse da organizzazioni non governative, internazionali ed africane, tentano sempre più spesso di trovare un accordo ed aprire un dialogo con le etnie interessate. Ѐ impensabile, infatti, credere di poter risolvere il problema delle mutilazioni genitali soltanto attraverso l’introduzione di normative che ne puniscano l’esecuzione.

L’intento legislativo, senza dubbio fondamentale per la salvaguardia della salute psicofisica di donne e bambine, può raggiungere infatti i risultati sperati solo attraverso la comprensione, l’apertura e il dialogo con altre culture, mediante un percorso che tenti di capire i significati che sottostanno alle pratiche tradizionali e attraverso l’abbattimento di quei pregiudizi che talvolta si hanno nei confronti di ciò che non ci appartiene e non si conosce.

Giornalista ed imprenditrice, esperta in tematiche riguardanti gli stereotipi di genere nella medicina. Titolare del centro Io Calabria e Direttrice di Io Calabria Magazine