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8 Marzo: il dolore fa parte della vita e ogni donna lo sa (non è vero!)

O gni forma di potere, che sia religioso, politico e di conseguenza sociale, interviene sul corpo della donna. Creando miti, tabù e inneggiando ad una sorta di “volere naturale” il tutto si riduce ad un controllo che riguarda la sfera intima delle persone, la sessualità e la riproduzione.
Da queste oppressioni (molto sinteticamente accennate) nasce un altro problema sanitario molto serio e grave: il mancato studio di alcune patologie legate al corpo e ai genitali femminili.

Da sempre la donna non è riconosciuta come cittadina pari agli uomini, con diritti conquistati nel corso dei secoli ed ancora da dover conquistare, ma lo è sempre più in ambito sanitario.
Con estrema urgenza c’è necessità di una medicina che non subisca stereotipi di genere. Per medicina di genere non si vuole intendere la medicina delle donne, ma l’approccio clinico che tiene conto delle differenze fisiologiche, biologiche e psicologiche che esistono tra i sessi. “Medicina di genere” è la terminologia che viene applicata all’idea, disciplina e iniziativa che promuove lo studio delle differenze nell’ambito dei sessi e dei generi con lo scopo di migliorare e rendere uniformi la prevenzione, la diagnosi, l’accesso alle cure e le modalità di trattamento. L’obiettivo è quello di migliorare la conoscenza delle differenze per non sottovalutare i sintomi di uno rispetto all’altro. La terminologia usuale di medicina di genere non sembra però sufficiente per comprendere la complessità del problema. Il termine genere possiede un’accezione diversa, che va oltre il sesso biologico maschile e femminile.
Senza dimenticare inoltre che razza, classe e ricchezza sono variabili importantissime che condizionano la qualità dell’assistenza sanitaria. Ma… una variante apparentemente meno ovvia e che colpisce la maggior parte delle persone è il genere.
Le donne e le persone non binarie hanno meno probabilità che il loro malessere, sintomi compresi, vengano presi sul serio e che possano ricevere una diagnosi immediata ed accurata rispetto agli uomini. Questo perché i loro corpi, e le condizioni che li colpiscono principalmente, hanno meno probabilità di essere stati studiati in studi clinici.

 

No! Non è un problema isterico (Cara rilassati!)

 

Un esempio di come questo pregiudizio si traduce nella vita di una donna è il trattamento di molte malattie di tipo ostetrico-ginecologico, che ancora oggi vengono trattate come retaggio di quella che una volta veniva indicata come la causa di tutti i mali femminili, l’isteria. Per avere una diagnosi di endometriosi – una malattia causata dall’accumulo di tessuto endometriale al di fuori dell’utero che provoca, tra le altre cose, intensi dolori mestruali – ad esempio ci vogliono in media 7 anni. Come la vulvodinia, una patologia che provoca un intenso bruciore alla vulva, alle donne viene raccomandato dai dottori di prendere tranquillanti o antidepressivi prima di fare sesso, oppure di bersi un bicchiere di vino e rilassarsi. In pratica di darsi una calmata e incrociare le dita, non proprio il modo più sereno per vivere la propria vita affettiva.

 

Dolore Pelvico Cronico: Cause Più Comuni e spesso trattati per reazioni psicosomatiche

 

Alcune cause di dolore pelvico cronico sottovalutato dalla medicina includono:
-Incontinenza, stipsi, prolassi
-Emorroidi e ragadi anali
-Dolore pelvico cronico
-Lacerazioni vulvari
-Cicatrici vulvari e dei genitali
-Ghiandola del Bartolini infiammata
-Secchezza vaginale
-Dolore durante i rapporti sessuali: dolore all’entrata vaginale; dolore o difficoltà a far entrare il pene; dolore con le penetrazioni profonde; clitoride troppo sensibile al tocco e/o durante l’eccitazione; dolore dopo una penetrazione; cistiti post coitali
-Vulvodinia
-Endometriosi
-Ipertono dei muscoli del pavimento
-Affezioni vulvovaginali: prurito, bruciore, rossore
-Cistiti post coitali, causate dal mancato rilassamento dei muscoli compressori uretrali e dell’uretra

Quello di cui hanno bisogno i pazienti con dolore cronico non sono consigli su come comunicare meglio i propri sintomi, né singoli dottori più propensi a fidarsi dei loro racconti. Sostanzialmente, hanno bisogno di ricerca scientifica per spiegare l’inesplicabile.
Fino a venti anni fa la medicina non ha tenuto conto di queste caratteristiche uniche e si è basata solo sulle differenze anotomico-funzionali. L’errore non è stato solo culturale ma metodologico: pochi studi preclinici e clinici, a meno di fenomeni genere-specifici, sono stati condotti sulle donne. Attualmente la medicina di genere inizia a essere presa in considerazione.

 

Violenza ostetrica: Donne derise e umiliate da personale sanitario che dovrebbe occuparsi proprio di salute femminile

 

Anche la violenza ostetrica, ovvero la messa in atto di pratiche non necessarie e dolorose durante il parto in ospedale, di cui si stima siano un milione le vittime solo in Italia, è un problema sommerso di cui solo recentemente si è cominciato a parlare. Dall’indagine condotta da Doxa e OVOItalia, l’Osservatorio sulla violenza ostetrica Italia, risulta che 1,6 milioni di donne nel nostro Paese è stata sottoposta all’episiotomia, l’incisione vulvo-vaginale per facilitare il parto, senza aver dato il proprio consenso e il 41% dichiara di aver subìto pratiche lesive della propria dignità e integrità psicofisica. La dimostrazione che qualcuno sembra aver presto quel “partorirai con dolore” oppure “il dolore fa parte della vita e ogni donna lo sa”.
Ad esempio qual è l’unico intervento chirurgico che non ha un percorso successivo di riabilitazione post operatoria e per cui non viene normalizzato un trattamento delle cicatrici? Stiamo parlando del parto cesareo. Con decorso postoperatorio (salvo eventuali problematiche sorte per la salute donna) che è via via diminuito riducendosi a un paio di giorni e, in determinati casi, fin quasi a scomparire. Inoltre, il trattamento del tessuto cicatriziale sia esterno (vista l’incisione addominale praticata sulla parete addominale immediatamente sopra il pube) che interno (vista l’incisione uterina solitamente orizzontale e praticata nella parte bassa dell’utero) è una prassi quasi sconosciuta e spesso stigmatizzata. Esistono, di fatti, percorsi di riabilitazione mirati per qualsivoglia operazione chirurgica; eppure, in ambito di Organi Riproduttivi Femminili la situazione rimane controversa. Per non parlare delle cicatrici dovute all’episiotomia che interessano il perineo, coinvolgendo più strati della vagina compreso il muscolo e destabilizzandone la complianza, sia in termini di contenimento che in termini di ripresa dell’intimità.
La cicatrice rimane un simbolo da portare sulla pelle della donna, a dimostrazione del dolore sopportato, considerata in positivo se il bambino è nato vivo e in salute, vissuta come una “vergogna” se il taglio uterino e addominale viene fatto per isterectomia, aborto o per morte in utero. In quest’ultimo caso, poi, la situazione vira su dinamiche ancora più complesse poiché il feto, che dopo la ventesima settimana di gestazione muore nell’utero, viene espulso inducendo le doglie e i dolori del parto, a tutti gli effetti la donna si ritrova a partorire il proprio figlio morto e ad averne i segni sulla pelle per sempre.

 

Che non sia solo l’8 Marzo

 

Per tutti questi argomenti torna il Festival culturale di Io Calabria Magazine, dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne e la discriminazione di genere in ogni sua forma, a casa, sul lavoro, in politica ed in quei contesti in cui la lotta è di vitale importanza, essenziale come l’aria che respiriamo.
Tutto il mese di Marzo sarà rivolto alla riflessione e alle buone pratiche verso la condizione femminile in Italia, con un focus specifico sulla regione Calabria e alle realtà presenti sul territorio. Una serie di incontri e dibattiti che si prefiggono di “mettere in sicurezza” nozioni e dell’ambito medico, sanitario e istituzionale e di cercare di colmare vuoti che segnano il nostro tessuto sociale. Sorellanza, Cura, Consapevolezza e Condivisione sono i leitmotiv della manifestazione e i principi fondamentali che caratterizzano Io Calabria.

 

 

 

 

Giornalista ed imprenditrice, esperta in tematiche riguardanti gli stereotipi di genere nella medicina. Titolare del centro Io Calabria e Direttrice di Io Calabria Magazine