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Il mito della verginità: o Madonne o Maddalene

L a verginità è davvero qualcosa che “si perde”? Tipo un sigillo di garanzia che certifica “vagina pura, altissima,verginissima”, che una volta tolto fa perdere… La morale? La purezza? L’innocenza?

 

Il mito della verginità

 

In quasi tutte le culture, la verginità femminile è un valore intoccabile. Nel cattolicesimo, una delle figure più venerate è quella di Maria, alla quale, secondo un dogma stabilito nel 553, durante il secondo Concilio di Costantinopoli, è stata attribuita la verginità perpetua. Non solo Maria è nata vergine, ma lo è stata anche durante e dopo il parto di Gesù. Questa credenza si è rafforzata nel 1854 con un secondo dogma introdotto da papa Pio IX, quello dell’Immacolata concezione, secondo cui la Madonna sarebbe nata senza peccato originale. In questo modo la madre di Cristo incarna la purezza ideale, ovviamente irraggiungibile. Anche in altre religioni la verginità della donna è inviolabile: la religione islamica (che condivide con quella cattolica il dogma della verginità mariana), nonostante non prescriva l’astinenza per le donne, promette come premio ai martiri 72 vergini in paradiso. L’ebraismo, invece, è più tollerante nei confronti della sessualità: pur non prevedendo la castità delle donne, nell’Antico Testamento la verginità è considerata una condizione imprescindibile per il matrimonio. Con il passare del tempo, però, il concetto di verginità femminile venne associata all’onore della famiglia: scoprire di avere una figlia o una sorella non più “pura” significava un grande disonore per l’intero nucleo familiare, e ovviamente la perdita di dignità della donna non più vergine. A perdere credibilità erano soprattutto gli uomini della famiglia: il loro lavoro veniva minato, nessuno voleva intraprendere affari con chi non era riuscito a instillare nella propria famiglia il concetto di integrità morale e austerità, e il loro ruolo nella società veniva pressoché annullato. Ciò è chiaramente visibile, per esempio, con il fenomeno dei matrimoni riparatori. In questi, infatti, era spesso la famiglia della donna disonorata a chiedere una riparazione del torto subito: l’unico modo per recuperare l’onore dell’intera famiglia era accasare la povera sventurata caduta nel tranello del sesso pre-matrimoniale.

Ai giorni nostri, purtroppo, siamo ancora parzialmente figli di questo pensiero. Perdere la verginità prima del tempo, o parlare apertamente di sesso e del benessere della propria sessualità, fa passare le donne per “sopra le righe e sempre vogliose”.

 

L’mene non è un sigillo di garanzia

 

L’imene è una porzione di tessuto elastico a membrana mucosa situato all’interno della vagina, durante la pubertà diventa ancora più elastico e spesso, scompare del tutto. L’imene può essere fatto in un sacco di modi diversi: un anello che circonda la vagina, una mezzaluna su una parte della vagina o un’anello che assomiglia ad un ano. Il punto è che questa membrana non copre totalmente l’entrata vaginale, ma solo parzialmente. Non è previsto in modo obbligatorio nessun tipo di sanguinamento! Se avviene la perdita di sangue può essere dovuta ad una lacerazione o alla poca lubrificazione, dovute alla tensione e all’inesperienza delle prime volte.

Inoltre, l’imene è una membrana elastica, che può essere lesionata anche solo con l’esercizio fisico o attraverso alcune attività sportive, come andare in bicicletta o più semplicemente cavalcare. Non solo: tende a ritornare nella posizione originale una volta che non viene allargato dall’ingresso (con chi o con cosa è del tutto irrilevante).
Quindi ricapitolando, il mito dell’imene si compone di tre false credenze:

• L’imene è una membrana che copre l’intera apertura vaginale

• Esso si deve rompere e causando un sanguinamento durante il primo rapporto sessuale

• Una volta rotto l’imene scompare e per questo è possibile assicurare valutare le esperienze sessuali di una donna controllando l’integrità del suo imene.

 

Il mito della verginità come forma di controllo della sessualità femminile

 

La finta educazione sessuale – propaganda – messa in piedi dal Patriarcato ci dice che l’imene è un qualcosa che si può rompere e lacerare, quindi di conseguenza è un qualcosa che può essere tenuto sotto controllo, e nel corso dei secoli è stato così, tanto che questo strumento di controllo sulla sessualità femminile, non solo ha privato le donne del proprio corpo, ma le ha messe alla gogna – o peggio ancora – soggette a delitti d’onore quando non hanno perso sangue durante la prima notte di nozze. Tempi passati? No! Ancora oggi in tutto il mondo, molte donne sono costrette a sottoporsi a degradanti controlli di verginità solo per trovare lavoro, difendere la propria reputazione, sposarsi.

Negli Stati Uniti spesso i genitori richiedono segretamente ai medici di sottoporre le loro figlie a questi test, che non hanno alcun valore medico. Un esempio diventato famoso è quello del rapper TI che ammette di accompagnare ogni anno sua figlia da un ginecologo per verificare l’integrità del suo imene. E con orgoglio afferma che “Arrivati al suo diciottesimo compleanno, il suo imene è ancora intatto”.

In Indonesia le donne che desiderino intraprendere la carriera militare sono sottoposte a questa verifica. In diversi paesi del mondo questo test è necessario prima delle nozze o viene utilizzato come prova nel caso in cui una donna sia accusata di aver avuto rapporti prematrimoniali.  Al “test della verginità” viene spesso integrato il “two-finger test” che intende verificare, per mezzo dell’inserimento di due dita, la rilassatezza della cavità vaginale, che dovrebbe essere un metro per valutare le precedenti esperienze sessuali della donna. Questo test, esattamente come il controllo dell’imene, non ha alcun tipo di validità. La vagina infatti è un muscolo che si contrae e si rilassa progressivamente durante l’eccitazione sessuale o il parto, per tornare poi tendenzialmente al suo stato iniziale. Dopo il parto e con l’avanzare dell’età è normale che il tessuto vaginale diventi meno elastico. E in ogni caso il corpo si modifica con il tempo.

Entrambi questi test rappresentano una violazione dei diritti umani e sono a tutti gli effetti delle molestie. Coloro che vi sono sottoposte, soffrono gravi conseguenze sulla salute mentale e fisica, in particolare se sono state vittime di abusi non dichiarati. Anche in luoghi dove non sono presenti questi estremismi (tipo l’Italia), il concetto di verginità continua ad essere un metro di giudizio per cui la “purezza” o il valore di una persona possa dipendere da quello che entra nella propria vagina. Da quando e quanto entri nella propria vagina.

 

E se alla mia vagina non piacciono i peni resterò vergine per sempre?

 

La verginità viene considerata una sorta di rito di passaggio per cui si transita da una condizione di purezza e ingenuità a una di maturità e inquinamento morale. Questo passaggio può avvenire soltanto in un modo: attraverso la penetrazione di un pene. Ma una tale concezione di rapporto sessuale svilisce tutte quelle forme di sessualità che non includono necessariamente questa pratica.
È bene ribadire che una definizione di sesso che si limiti a “pene+vagina” è eteronormativa e limitante. Fare sesso orale è un modo per preservare la propria verginità o non è sesso? Masturbarsi (anche a vicenda) è fare sesso? Fare sesso con una partner dello stesso sesso è meno sesso?

 

Superare i miti della verginità

 

L’OMS propone delle raccomandazioni per limitare la pratica dei “test della verginità“. Queste proposte includono il rafforzamento delle conoscenze scientifiche del personale medico, la fondazione di sistemi legislativi e politici che proteggano da questa pratica e l’informazione e mobilitazione delle comunità in cui questa pratica è diffusa. Per quanto riguarda le donne che si affidano alla chirurgia o ad altri escamotage che simulino perdite di sangue, il problema è radicato in una cultura che colpevolizza la donna e che non le permette di essere padrona del suo corpo e della sua verità.

Oltre a questi esempi, che possono talvolta apparire lontani dalla nostra realtà, il mito della “verginità” vive nella quotidianità delle persone di qualsiasi genere, e spesso causa ansie motivate da una necessità di sentirsi accettati dal proprio partner, dal proprio gruppo di amici o dalla società. La sessualità non dovrebbe basarsi su traguardi imposti da termini socialmente connotati, ma piuttosto su esperienze che, per essere vissute al meglio, richiedono conoscenze e consapevolezze.

Giornalista ed imprenditrice, esperta in tematiche riguardanti gli stereotipi di genere nella medicina. Titolare del centro Io Calabria e Direttrice di Io Calabria Magazine